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La Cultura Antica di Elbasan – Dhimitër Shuteriqi

Il castello di Elbasan è stato ricostruito dai turchi nell’estate del 1466 sulle rovine della Antica Scampa, distrutta dai barbari. Il suo nome antico è andato perso e il popolo lo definiva come “La città dei Valmi”, oppure brevemente “Valmi” dal nome di una delle sue popolazioni che possiamo paragonare a quella del attuale villaggio di Valas.

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Il castello di Elbasan è stato ricostruito dai turchi nell’estate del 1466 sulle rovine della Antica Scampa, distrutta dai barbari. Il suo nome antico è andato perso e il popolo lo definiva come “La città dei Valmi”, oppure brevemente “Valmi” dal nome di una delle sue popolazioni che possiamo paragonare a quella del attuale villaggio di Valas. Il Sultano Mehmet II, ansioso di liquidare la lotta del popolo albanese guidata dal Skenderbeu, venne lui stesso in Albania, cinse d’assedio Kruja, ma venne sconfitto, cosi come doveva rimanere sconfitto per la seconda volta anche l’anno prossimo nel 1467.

Secondo i documenti e i dati degli storici di quel periodo, il sultano ripopolo di nuovo la città di Elbasan con abitanti della regioni limitrofe poiché i suoi precedenti abitanti erano fuggiti a causa delle rappresaglie turche. I nuovi abitanti erano di rito ortodosso. Non è stato provato che nella città di Elbasan ci fosse stato qualche volta anche una comunità cattolica, benché vi fossero stati alcuni villaggi di quel rito nei suoi dintorni. La città di Valmi in quel periodo, era alle dipendenze del famoso Giorgio Arianiti, suocero di Skenderbeg. Diventando in seguito centro amministrativo, Elbasan ebbe anche una piccolissima comunità turca

Elbasan

Nel XVI secolo, Elbasan aveva circa 3-4 mila abitanti ed aveva acquistato una certa importanza commerciale, quale stazione intermedia tra la città di Manastiri (Bitola) in Macedonia e il porto adriatico di Durazzo. Nel Secolo XV° con la scacciata dei Ebrei dalla Spagna, molti di loro si insediarono anche nei Balcani, una parte in Macedonia e principalmente nella città di Manastiri (attuale Bitola). La città di Elbasani quale stazione commerciale sulla via verso il mare, era una località dove gli ebrei erano solo di passaggio e si riposavano in una locanda che si poteva ammirare fino ai anni 50 del XX° Secolo. Oltre a riposarsi, facevano uso di una delle sue stanze quale centro di preghiere che dai ebrei veniva chiamata “Havra” (tempio).

Secondo i documenti ottomani, che a migliaia si trovano nella città di Elbasan, e anche dai quaderni dei Esnaf (Associazioni artigianali) e quelle delle chiese, una parte dei quali, quelle dei Secoli XVI° e XVII° risultano ben conservate, viene precisato che ad Elbasan non ci sono state mai comunità ebree. Questi si insediarono essenzialmente nelle città costiere di Durazzo e Vallona, e principalmente nella città di Berati, che era stata innalzata a capoluogo dell’Albania Meridionale e per poter sopravvivere e operare impunemente si convertirono una parte in Mussulmani ed l’altra in Cristiani ortodossi, prendendo per cognome come era di loro prassi il nome dei villaggi e delle città adiacenti. In seguito quando la città di Berati perse le sua importanza politico – amministrativa ed anche quella commerciale, la quale venne in seguito assunta dalla città di Elbasan, gli ebrei di Berati oramai convertiti in mussulmani ed in cristiani – ortodossi si trasferirono ad Elbasan, continuando a svolgere la loro attività commerciale nella lavorazione dei metalli preziosi ed anche all’usura.

Con la Mussulmanizazione del paese, Elbasan divenne uno dei centri dove maggiormente prese a sentirsi l’influenza orientale, allo stesso modo delle città di Berati, Shkodra (Scutari), Prizreni, Prishtina, ecc. Nella seconda metà del XVII° Secolo, il viaggiatore e storico turco Muamet Xhelil ibn Dervishi, nel suo libro Evlia Celebi Sejjatnamesi ci racconta che la cultura orientale ad Elbasan era molto progredita. Nel secolo seguente, in questa città dovevano passare alcuni anni della loro vita due dei più noti menestrelli di quel periodo, Nazim Frakulla e Sulejman Naibi. Tra i menestrelli locali dobbiamo menzionare anche Sulejman Pasha Verlaci che era anche loro mecenate.

Dalla metà del XVI secolo, la città di Ebasani assieme ai suoi dintorni veniva riconosciuta come un’area molto forte della resistenza anti- ottomana. Il prete Dimitri si vantava di essere in grado di sollevare più di 6 mila persone armate contro gli invasori e chiedeva collaborazione alle potenze occidentali. In questo movimento faceva parte anche il patriarca di Ohrida, Atanasio Muzhaqi, di origine dal villaggio di Polisi, ed il Vescovo cattolico di Arberia Nicola Mjekashi, il quale aveva la sua sede vescovile nel villaggio di Mamel a Kerraba (tra Elbasan e Tirana), il quale era tra i principali capi insurezionisti nei Secolo XVI-XVII e si presume che sia stato pure lui originario dal distretto di Elbasan..

Di importanza molto grande per la cultura del paese, era il fatto che in quel periodo risiedeva ad Elbasan in qualità di capo prete, una delle pesonalità più importanti della nostra cultura medievale, il pittore Onufri (Onofrio), il quale dipinse a Valesh nel 1554, ed anche a Shelcan di Shpati. Ci troviamo a precedere di un anno la pubblicazione nel settentrione del paese del primo libro in lingua albanese da parte di Gjon Buzuku. Onofrio si trova nei inizi di una grande manifestazione della cultura ad Elbasan e Berati. Lui divenne famoso anche a Kosturi ed a Scopie. Suo figlio, Nicola, dipinse a quanto pare fino al lontano villaggio albanese di Arbanas in Bulgaria I loro discendenti pieni di talento li troveremo nell’Albania centrale e meridionale, ma anche sul Monte Santo di Grecia, dove il nostro David Selenica si distinse su tutti gli altri pittori dell’inizio del XVIII° secolo.

Siamo proprio nel periodo quando diventa famoso Kostandin Shpataraku, dove tra le sue opere principali troviamo il ritratto di Carlo Topia, capo riconosciuto dell’Albania del Secolo XVI°. Per la sua tomba monumentale al Monastero di San Giovan Vladimiri vicino ad Elbasan, scoperta di recente, ha lavorato lo scultore locale Dhimiter Shpati.

Le opere di Onufri e di Davidi, parlano per una cultura artistica tra le più distinte nei Balcani di quel periodo. Nella nostra pittura ecclesiastica occupano un posto ben visibile i santi balcanici, non quelli greci, mentre il contenuto biblico delle opere con la psicologia della protesta al tragicismo, assieme ad alcuni elementi locali, parlano per una resistenza anti Turca in Albania. “Il rosso albanese” come è stato recentemente definito, quando venne fatto conoscere a Parigi la pittura di Onufri, é una materializzazione ma anche simbolo artistico della resistenza sanguinosa Albanese immediatamente dopo Skenderbeu.

Nel 1949, tra i documenti culturali di Elbasan venne scoperto un manoscritto antico il quale venne letto da me per la prima volta e che noi l’ abbiamo definito come appartenente all’Anonimo di Elbasan, e, da quello che abbiamo potuto scoprire risulta essere opera di un certo Theodor Bogomili. Due alfabeti originali che inclusi in esso sono una testimonianza cosciente che la lingua albanese, come lingua in se stessa, doveva avere anche un suo albabeto. Questa idea rimase tale fino al Risorgimento nazionale quando Naum Veqilharxhi ed Hasan Tahsini tentarono per la 9-a o per la 10-a volta di inventare un alfabeto originale della nostra lingua. L’idea come si può costatare era di almeno tre secoli precedente nelle regioni di Elbasan. Il manoscritto per il quale stiamo parlando ha una lingua che si parla tra le regioni di Shpati e di Verça, era transitoria tra i nostri due dialetti nazionali (il Tosco ed il Ghego). L’albanese di quel documento parla per una tradizione ancora più precedente della sua scrittura nei distretti di Elbasan.

Nel 1761, sotto un tale influenza furono tradotti da il dotto di Voskopoja, Grigorio, ambedue i Testamenti, con un alfabeto originale che venne utilizzato dal suo allievo Dhaskal Thodhri, anche lui con un suo alfabeto originale con la quale tradusse ambedue i libri base della chiesa, assieme ad altri riti religiosi, traducendo in albanese anche testi, p.es. quelli di Esoppo, per l’insegnamento nella scuola. Impaurita, particolarmente per i suoi tentativi di istallare una tipografia per la lingua albanese, la chiesa di Fanari (chiesa greca che officiava il rito ortodosso nelle chiese albanesi), fece assassinare Theodhori. Ma lui intanto aveva costituito ad Elbasan ed a Shijon un grupo di discepoli. Dal 1795 cioé con 200 anni di precedenza abbiamo cominciato ad individuare i suoi discepoli, dal fratello di Theodhor di nome Jakov Haxhiu e tanti altri fino a Kostandin Andoni e Tupe Balla i quali continuavano a seguire la tradizione alfabetica di Thodhri che non si spense solo nei primi anni della mia giovinezza (verso il 1930), come ho potuto io stesso constatare.

Thodhri desiderava rafforzare la chiesa albanese con l’uso della lingua madre anche nella scuola greca. Di particolare interesse è stato il suo tentativo di sostituire le espressioni religiose greche con quelli albanesi. Cosi che questo degno seguace di Theodhori di Shpati (Bogomili) divenne predecessore del Kristoforidhi, di quel grande cittadino di Elbasan che diede il primo importante esempio durante il Rinascimento nazionale con l’arricchimento e purificazione della lingua precedendo Naimi e Pashko Vasa e molti altri loro seguaci. Oramai è noto che ad Elbasan prima ancora del Rinascimento nazionale, veniva scritta in albanese tutta la corrispondenza tra i cittadini.

Elbasani, secondo l’Albanologo tedesco George Hanh ha influenzato anche su Berati e Kavaja. Elbasani divenne un focolaio culturale della lingua albanese, perché proprio là che i nostri rinascimentali fondarono la loro prima scuola per insegnanti con Luigj Gurakuqi, Aleksander Xhuvani e Sotir Peci e loro seguaci. I grandi patrioti di Elbasan come Aqif Pasha si trovarono tutti in prima fila in questi tentativi dei rinascimentali, amici di Kristoforidhi e discendenti dei Arianiti.

Elbasan

Tali tradizioni desidera ereditare oggi la giovane Università di Elbasani quale discendente della sopracitata cultura fino alle ultime brillanti affermazioni di un Cipo, di un Ceka, di un Buda, di Domi, di Haxhihasani ecc.

Përktheu Robert Cipo

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